Nella valutazione del nesso di causa è necessario evidenziare lapresenza di disturbi psicologici eventualmente preesistenti nel soggetto e correlarli ad una eventuale vaiazione peggiorativa della propria condizione dovuta inqquivocablmente alla condizione avversativa a cui il soggetto è tato sottoposto.
Dunque dovrà essere evidenziato come il tempo trascorso a partire dal dall'evento lesivo alla manifestazioni del vissuto patologico, sia effettivamente determinate per il vissuto psicologico del soggetto in questione. Secondo la sentenza di Cssazione 2729/2008 la valutazione psicologica ha il compito di indivciduale la concreta probabilità e non la mera possibilità, che quel fatto specifio sia in termini qualitativi che quantitativi sia inequivocabilemente determinate all’ insorgenza del disturbo psicologico riportato dal soggetto.
Nella valutazione del Disturbo post traumatico da stress, che emerge in molti lavoratori che hanno prestat servizio all'interno di fabbriche utilizzatrici di amianto e di altre sostanze tossiche debbono a mio avviso essere rilevati aspetti nella dimanica lavoratorie -datore di lavoro in grado di influire sul vissuto psicologico e relazionale dei lavoratori.
Così come già evidenziato i criteri diagnostici necessari per detta diagnosi, necessitano che la persona sia stata sottoposta ad un evento traumatico tale da essere percepito come minaccia di morte, o in grado di causare gravi lesioni, o ancora pericoloso per l’integrità fisica e psichica propria o altrui. La risposta a detta situazione comporta paura, impotenza, ed orrore. Spesso nel vissuto di quete persone il susseguirsi dei fatti implica un percorso doloroso e spesso caratterizzato da assolta impotenza e mancanza di confronto.
Nella valutazione del Disturbo post traumatico da stress, che emerge in molti lavoratori che hanno prestat servizio all'interno di fabbriche utilizzatrici di amianto e di altre sostanze tossiche debbono a mio avviso essere rilevati aspetti nella dimanica lavoratorie -datore di lavoro in grado di influire sul vissuto psicologico e relazionale dei lavoratori.
Così come già evidenziato i criteri diagnostici necessari per detta diagnosi, necessitano che la persona sia stata sottoposta ad un evento traumatico tale da essere percepito come minaccia di morte, o in grado di causare gravi lesioni, o ancora pericoloso per l’integrità fisica e psichica propria o altrui. La risposta a detta situazione comporta paura, impotenza, ed orrore. Spesso nel vissuto di quete persone il susseguirsi dei fatti implica un percorso doloroso e spesso caratterizzato da assolta impotenza e mancanza di confronto.
Nella maggior parte dei casi, l’esposizione all’amianto è prolungata per un periodo superiore ai 10 anni e ancor più spesso quest persone si impegnano più o meno direttamente all’attività sindacale al fine di far riconsocere l’esposizione all’amianto. Questo consente di acquisire una progressiva consapevolezza del rischio alla salute tale da instaurare il timore per le possibili conseguenze dall’esposizione all’amianto. E’ ormai noto che le malattie da amianto insorgono a distanza di molto tempo dall’inizio dell’esposizione, dopo anche un periodo di latenza che dura 20 anni o più. Questo dato è indispensabile nel comprendere come sia possibile che effetti di esposizioni avvenute nel passato anche se prossimo possano manifestarsi ancora oggi.
E’ noto inoltre, che il mesotelioma insorge nell’80% dei casi, solo dopo 25 anni dalla esposizione e che anche in mancanza di incidenza funzionale (Cass. 2491/2008) la considerazione dell’esistenza di un danno biologico fisico e/o psichico debba comunque essere presa in considerazione. A rinforzare il timore della morte vi è anche la preoccupazione che i propri cari possano ammalarsi a loro volta, per intossicazioni secondarie che purtroppo molto spesso si manifestano a carico dei familiari. E’ ormai descritto che l’amianto può rappresentare un rischio oltre che per i lavoratori che vi sono stati esposti, anche per i loro familiari che possono respirare le particelle portate a casa ad esempio dagli abiti da lavoro.
In molte situazioni inoltre, nonostante le indicazioni di legge non sono state fatte delle effettive bonifiche e questo ha fatto si che residui di polveri di amianto vengano mischiate con sostante tossiche attualmente lavorate esponendo i lavoratiro allo stesso rischio di qualche anno fa. In queste condizioni viene completamente lesa la fiducia del lavoratore, quella stessa fiducia che è presupposto fondamentale per la costituzione di un contratto (art 1175c.c). Inoltre perde la fiducia nei confronti dell’azienda, nell’organizzazione che dovrebbe tutelarlo. Questo poterebbe far nascere l’inevitabile esigibilità di spiegazioni da parte dell’azienda stessa della propria condotta . E' comunque deludente rilevare che di fatto, questo chiarimento non arriva quasi mai con quella forza necessaria a rassicurare nelle parole e nei fatti i propri dipendenti. Solo nel contesto giudiziario è ossibile arrivare a stabile una maggior chiarezza dei fatti. In queste circostanze il lavoratore si sente completamente perso, mancando dunque di quei criteri di diligenza da parte dell’azienda, che di fatto non possono esonerare dalla responsabilità ( art. 1176 c.c.). Di fatto più il lavoratore chede spiegazioni e chiarimenti più ci si trova spesso nelle circostanze di una eveidente intenzione dell’azienda, di allontanare che disturba. Pur considerando il contesto lavorativo come rischioso e vessatorio, rappresenta una importante fonte di sostentamento economica per il lavoratore che inevitabilmente si trova incastrato tra una situazione traumatica e la necessità di lavorare e ricevere un salario. In queste circostanze anche un semplice colpo di tosse ripetuto può portare a un vissuto di intensa ansia, con la concreta preoccupazione di sapere che altri hanno presentato sintomi preoccupanti per loro stessi o ancor peggio nei propri cari. Il costante timore è tale da rinforzare l’evento percepito come traumatico e determinare una situazione persistente e cronica.
In queste circostante sembra inequivocabile dunque, che il nesso causale in grado di spiegare la relazione tra gli eventi considerati come critici, e il danno psichico patito dai lavoratori sottoposti a queste condizioni, possa individuarsi nella indesiderabilità e minacciosità degli eventi stessi ossia intesi come preoccupazione per un grave rischio alla salute, percezione della presenza di un rischio continuato a cui essere sottoposto, impotenza per mancanza di rassicurazioni da parte dell’azienda. Inoltre è da considerarsi come forma di ulteriore aggravamento psicofisico un eventuale allontanamento del lavoratore dal suo incarico di lavoro poichè si traduce in un senso di isolamento e di frustrazione per la perdita della possibilità di esplicare il suo lavoro e di esplicare la sua personalità attraverso il lavoro.
Fatte queste premesse è possibile ritiene che il danno biologico di tipo psichico rilevabile in queste persone, possa essere causalmente rapportato all’evento stressante situazione specifico, al punto che non solo in termini di mera possibilità, ma anche in concreto l’evento stesso può essere ritenuto condizione necessaria, sine qua non, del scompenso psichico osservato.
Commenti