
La psicologia, una chiave politica dell’essere umano.
La psicologia come moto rivoluzionario riporta in primo piano la responsabilità delle proprie azioni e la consapevolezza, la così detta coscienza dell’uomo, quale artefice della sua esistenza.
Riportando all’esperienza passata quasi obbligatoria in una paradossale dinamicità passiva, l’essere umano attraverso il percorso psicoterapeutico, può ritrovare l’assenza della sua stessa esperienza passata, modificarla ed utilizzarla come strumento evolutivo attualizzando gli elementi positivi della propria esperienza, nel presente. L’attualizzazione positiva non è un processo semplice. La persona si confronterà con l’isolamento, l’impossibilità di appartenere, arrivando alla individuazione della vera radice del sé e ritrovando una collocazione adattiva nel mondo. Si scontrerà con il bisogno di appartenere e di riconoscersi attraverso l’altro, scoprendo che l’altro non è altro che se stesso o per meglio dire, l’altro deve essere riportato a livello di se stesso e consentendo così un confronto alla pari. In questa dimensione il vissuto narcisistico di espansione o di privazione, tipicamente sperimentato nel processo di identificazione prima e di separazione poi, quello stesso processo che porta alla definizione di un io adattato ed adulto, implica che i conflitti con le dimensioni infantili siano stati risolti e che l’altro possa essere percepito al confine di se, attribuendogli il giusto valore ed il giusto significato. In una attualizzazione positiva di questo genere il confronto con l’altro risulta paritetico, privo di implicazioni altre. Ma ciò non determina necessariamente una senso di sollievo del sé, poiché il confronto è tale e snello, ossia liberato dalle sovrastrutture, tanto più se l’altro ha ottemperato allo stesso percorso evolutivo. Altrimenti possiamo vivere di nuovo il senso di solitudine e frustrazione dell’impossibilità a comunicare pienamente con l’altro poiché l’altro si trova ancora in una posizione ormai lontana dalla nostra. Comunica ossia come un adulto impigliato nel bambino.
Scegliere di vivere la propria esistenza, significa vivre con coraggio la propria condizione di essere umano. Come tale solo, finito e limitato. D’altra parte solo in questa condizione su può contattare chiaramente come non mai, possibile prima, la propria unicità , la propria forza ed il proprio spirito ed abbandonare una esistenza inetta e limitata, fatta di conformismo, di abnegazione e di oblio.
Scegliere la vita di se stessi, implica confrontarsi con il proprio senso evolutivo. Cosa facciamo, quale è il modo e le motivazioni agli eventi che ci accadono, Fermandoci un attimo, ascoltiamo, osserviamo, odoriamo ciò che è intorno il nostro corpo, il nostro respiro, noi stessi nel nostro campo visivo. Possiamo recuperare il nostro spazio solo se saremo consapevoli di noi stessi, dentro di noi, attraverso di noi.
Questo percorso deve rappresentare un cammino continuo, un processo evolutivo in cui ogni traguardo si struttura in un processo, in un percorso nuovo. La frustrazione può sembrare quella di non costruire nulla, di non contare nulla, ma nella reale essenza delle cose, l’unico punto fermo che abbiamo cavalcando il senso paradossale dell’evoluzione non siamo che noi stessi. La base, l’essenza, ciò che produciamo, lo possiamo definire il riconoscimento continuo di noi stessi.
Nello studio dell’evoluzione cio che scopriamo è che siamo sempre noi così uguali e cosi profondamente cambiati un una rivoluzione continua in cui i riferimenti si perdono se guardiamo al di fuori di noi stessi. Ed allora ecco che la nostra forza risiede proprio nel muoverci senza farlo, nel cambiare pur mantenendo il nostri occhi che guardano e vedon che sono sempre loro ma attraverso uan chiave differente, nuova più complessa , più profonda. Un cambiamento costante , un movimento continuo.
La psicologia come moto rivoluzionario riporta in primo piano la responsabilità delle proprie azioni e la consapevolezza, la così detta coscienza dell’uomo, quale artefice della sua esistenza.
Riportando all’esperienza passata quasi obbligatoria in una paradossale dinamicità passiva, l’essere umano attraverso il percorso psicoterapeutico, può ritrovare l’assenza della sua stessa esperienza passata, modificarla ed utilizzarla come strumento evolutivo attualizzando gli elementi positivi della propria esperienza, nel presente. L’attualizzazione positiva non è un processo semplice. La persona si confronterà con l’isolamento, l’impossibilità di appartenere, arrivando alla individuazione della vera radice del sé e ritrovando una collocazione adattiva nel mondo. Si scontrerà con il bisogno di appartenere e di riconoscersi attraverso l’altro, scoprendo che l’altro non è altro che se stesso o per meglio dire, l’altro deve essere riportato a livello di se stesso e consentendo così un confronto alla pari. In questa dimensione il vissuto narcisistico di espansione o di privazione, tipicamente sperimentato nel processo di identificazione prima e di separazione poi, quello stesso processo che porta alla definizione di un io adattato ed adulto, implica che i conflitti con le dimensioni infantili siano stati risolti e che l’altro possa essere percepito al confine di se, attribuendogli il giusto valore ed il giusto significato. In una attualizzazione positiva di questo genere il confronto con l’altro risulta paritetico, privo di implicazioni altre. Ma ciò non determina necessariamente una senso di sollievo del sé, poiché il confronto è tale e snello, ossia liberato dalle sovrastrutture, tanto più se l’altro ha ottemperato allo stesso percorso evolutivo. Altrimenti possiamo vivere di nuovo il senso di solitudine e frustrazione dell’impossibilità a comunicare pienamente con l’altro poiché l’altro si trova ancora in una posizione ormai lontana dalla nostra. Comunica ossia come un adulto impigliato nel bambino.
Scegliere di vivere la propria esistenza, significa vivre con coraggio la propria condizione di essere umano. Come tale solo, finito e limitato. D’altra parte solo in questa condizione su può contattare chiaramente come non mai, possibile prima, la propria unicità , la propria forza ed il proprio spirito ed abbandonare una esistenza inetta e limitata, fatta di conformismo, di abnegazione e di oblio.
Scegliere la vita di se stessi, implica confrontarsi con il proprio senso evolutivo. Cosa facciamo, quale è il modo e le motivazioni agli eventi che ci accadono, Fermandoci un attimo, ascoltiamo, osserviamo, odoriamo ciò che è intorno il nostro corpo, il nostro respiro, noi stessi nel nostro campo visivo. Possiamo recuperare il nostro spazio solo se saremo consapevoli di noi stessi, dentro di noi, attraverso di noi.
Questo percorso deve rappresentare un cammino continuo, un processo evolutivo in cui ogni traguardo si struttura in un processo, in un percorso nuovo. La frustrazione può sembrare quella di non costruire nulla, di non contare nulla, ma nella reale essenza delle cose, l’unico punto fermo che abbiamo cavalcando il senso paradossale dell’evoluzione non siamo che noi stessi. La base, l’essenza, ciò che produciamo, lo possiamo definire il riconoscimento continuo di noi stessi.
Nello studio dell’evoluzione cio che scopriamo è che siamo sempre noi così uguali e cosi profondamente cambiati un una rivoluzione continua in cui i riferimenti si perdono se guardiamo al di fuori di noi stessi. Ed allora ecco che la nostra forza risiede proprio nel muoverci senza farlo, nel cambiare pur mantenendo il nostri occhi che guardano e vedon che sono sempre loro ma attraverso uan chiave differente, nuova più complessa , più profonda. Un cambiamento costante , un movimento continuo.
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